Lasciate che i bambini vadano a loro (gli inglesi)
Quando dal pronto soccorso siamo passati alla sala d’attesa di pediatria mia figlia e mio marito si sono addormentati, per Viola sarà stato il troppo piangere per la gamba appena schiantata contro un paletto dissuasore mentre la portavo in bici all’asilo cantando “Shallow”, per l’anglo-arabo sarà stato il suo pragmatismo British: ottimizzare il tempo in vista di una eventuale lunghissima giornata in ospedale.
Io, da brava madre e da bravissima meridionale, mi sono seduta da sola a mangiarmi lo Shellac, in piena modalità melodramma finché non è arrivato tal Miguel Angel. Tre anni, forse 4. Quanti bastano per avere pietà di me e per adottarmi. “Mamma vieni qui” mi ha detto, toccando la sedia accanto alla sua. Ha capito che non poteva lasciarmi sola e quindi mi ha costretto a giocare col libro Mi primer Mozart mentre il suo vero padre approfittava del tempo-libero-grazie-a-me per leggere delle riviste, francesi per giunta.
“Viola Makki Simeone?” ha chiamato il dottore, ricordandomi quale fosse la mia vera figlia e svegliando l’anglo-arabo. Ho salutato mio figlio – che se non altro nel frattempo aveva imparato il ritornello di Shallow – e ho affrontato l’ortopedico.
“Dobbiamo ingessare tutto” ci ha detto.
E mentre la mia “tendenza Mario Merola” mi portava a raggomitolarmi dietro l’anglo-arabo per piangere e singhiozzare senza che Viola mi vedesse, le prime parole di mio marito sono state:
“Ok, ma può volare giusto? No sa perché tra due settimane dobbiamo andare a sciare per 10 giorni”.
Che è un po’ come quando io dico che non voglio fare un terzo figlio per non rischiare di morire-di-parto-tra-sofferenze-atroci-e-lasciare-le-mie-figlie-orfane-di-madre-destinandole-ad-eterna-psicanalisi e lui dice che è meglio non farlo sennò poi in 5 non entriamo nel taxi. È il pragmatismo, bellezza. A loro la rivoluzione industriale, a noi l’Azione Cattolica.
Il che, su una scala di “famiglia allargata”, si traduce così:
Zi dopo DUE giorni ha informato la sua famiglia in Inghilterra mandando una foto di Viola col gesso ricevendo in risposta messaggi composti: “Oh…Guarisci presto!”, “Povera piccola, un abbraccio”.
Io dopo pochi minuti di tentennamento sull’opportunità di avvisare subito la mia famiglia interventista ho inviato dall’ospedale un sintetico messaggio soltanto a mia sorella: “Gesso, NON CHIAMARE”. Dopo aver rifiutato 4 tentativi di telefonata da parte di mia sorella, il tempo di tornare a casa e ho trovato un’email di mia madre che, in piena Modalità Calamità, mi annunciava il piano di soccorso così articolato: “Sto preparando delle scorte di medicine per me e papà e vengo martedì. Tua sorella ci raggiunge dopo una settimana, tuo padre tra 10 giorni”.
Pochi minuti dopo Zia Giovanna mi ha mandato un audio messaggio per dirmi quanto si sentisse offesa dall’aver scoperto del gesso da Facebook e non da mia madre (che giustamente era impegnata a preparare scorte e prenotare voli).
Sempre della “squadra Mario Merola”, la mia amica Michela quasi ogni giorno per 5 settimane mi ha chiesto se massaggiavamo il culo a Viola “perché fa malissimo stare sempre sedute, solo io che mi sono rotta la caviglia la posso capire”.
Ieri, dopo 5 settimane, le hanno tolto il gesso.
“Ora a poco a poco reimparerà a camminare” ci dicevamo tra noi della “squadra Merola” immaginando di nuovo l’emozione dei primi passi.
Poi è arrivato il padre, le ha messo gli scarponi da sci, l’ha messa a terra e l’ha portata a sciare.
Let the children go to them (the English)
When from A&E we moved to the pediatrics waiting room, my daughter and my husband fell asleep, for Viola it was probably because of too much crying for her leg that she had just crashed into a bollard while I was taking her on my bike to the nursery, singing "Shallow" , for the Anglo-Arab it must have been because of his British pragmatism: optimising the time in view of a possible long day in hospital.
As for me, as a proper mamma and very proper southern Italian, I sat alone nervously eating my Shellac, in full melodrama mode until a certain Miguel Angel arrived. Three years old, maybe 4. However old enough to have mercy on me and to adopt me. "Mum come here," he told me, pointing at the chair next to his. He understood that he could not leave me alone and therefore forced me to play with the book Mi primer Mozart while his real father took advantage of free time-thanks-to-me to read French magazines.
"Viola Makki Simeone?" Called the doctor, reminding me who my real daughter was and waking up the Anglo-Arab. I said goodbye to my son - who at least in the meantime had learned Shallow's chorus- and I confronted the orthopedist.
"We have to plaster everything in a cast" he told us.
And while my "Mario Merola tendency" (Mister Merola is the main representative of traditional Neapolitan melodrama known as the sceneggiata) drove me to curl up behind the Anglo-Arab to cry and sob without Viola seeing me, the first words that my husband spoke were:
"Ok, but she can fly right? No, because in two weeks we have to go skiing for 10 days ".
Which is a bit like when I say I don’t want to have a third child to avoid the risk of dying-of-birth-suffering-atrocious-pain-and-leave-my-daughters-orphans-of-mother-destining- them-to-eternal-psychoanalysis and he says that it is better not to have it otherwise in 5 we don’t fit in a taxi. It’s the pragmatism, baby. They’ve got the industrial revolution, we’ve got the Catholic Action.
Which, on a scale of "extended family", translates in:
Zi informed a part of his family in England after TWO days by sending a photo of Viola with the cast, receiving in reply tranquil messages: "Oh ... Get well soon!", "Poor baby, a big hug ".
After a few minutes of hesitation on the opportunity to immediately notify my interventionist family, I sent a brief message from the hospital only to my sister: Cast, DO NOT CALL. After refusing 4 attempts of call from my sister, as I got home I found an email from my mother who, in full Calamity Mode, announced the “rescue plan” as follows: "I'm preparing stocks of medicines for me and dad and I come on Tuesday. Your sister joins us after a week, your father in 10 days ".
A few minutes later, Aunty Giovanna sent me an audio message to tell me how offended she was by discovering about the accident from Facebook and not from my mother (who rightly was busy preparing stocks and booking flights).
Also part of the "Mario Merola team", my friend Michela almost every day for 5 weeks asked me if we were massaging Viola’s bottom "because it's very bad to sit all day, I’m the only one that understands her, coz I broke my ankle".
Yesterday, after 5 weeks, they removed the plaster.
"Now she will gradually re-learn to walk" we told each other amongst the "Merola team", imagining the emotion of seeing her taking first steps again.
Then her father arrived, he put ski boots on her, put her down and took her to ski.