Il pacco di mamma
Di solito l’apertura dei pacchi di mamma è una cosa privata. Mi arriva a casa il pacco, lo apro, ci trovo dentro un pacco di sale grosso da cucina, poi un pacco di zucchero – che già così nella valuta dello spedizioniere strozzino, stiamo a 20 euro di spedizione -
“Mamma ma lo zucchero e il sale non vale la pena mandarli, ci stanno pure qua”.
“Sì ma i nostri sono più buoni”.
E poi vari chili di pastina, pasta e passate di pomodori e tonnellate di caffè Mexico Passalacqua e Pannocchie del Mulino Bianco.
Sotto sotto, ben nascosto, c’è lo scomparto cioccolata e caramelle.
Da piccole io e mia sorella non abbiamo mai visto Nutella e cioccolata in casa. Non credo per ragioni di salute – considerando che tutti ci fumavano in faccia e l’olio di Palma ce lo bevevamo a colazione– ma credo proprio per una questione di principio.
Quando sono andata a vivere da sola, a Siena, a 18 anni e rotti, mi è arrivato il primo pacco di mamma e la sua prima Nutella+latte condensato+barre giganti di cioccolato+caramelle mou.
Credo che nell’Analisi Logica del pacco di mamma la cioccolata e le caramelle siano il senso di colpa: “Allora se ti manco fatti venire il diabete, ti prometto che vengo presto”. Da quando ha anche le nipoti il materiale diabetico è quadruplicato: “E’ molto difficile fare la nonna a distanza” mi ha detto qualche giorno fa.
Zucchero, sale, fagioli e ceci secchi invece sono la “spocchia”: pure sulle basi, simm’ mejo nui. Vale sempre la pena spendere 20 euro per un’acqua salata al punto giusto per buttarci la pasta.
Il caffè è l’imprescindibile rito di famiglia: se vuoi ancora farne parte, fedeltà al Passalacqua ebbast.
Pasta e passata di pomodori sono le provviste: ti riempio la dispensa per affrontare la vita. (Ma quale vita mammì, che mi durano sì e no tre giorni).
La pastina è la cura. La cura per tutto. Febbre, mal di pancia, mal di cuore, magoni. Ormai cura persino l’anglo-arabo che nella sua vita prima-di-me (o meglio prima-di-mia-mamma) non l’aveva manco mai vista e che non a caso la chiama “cibo per bambini”. “Non mi sento bene, mi fai del baby food?”
Insomma è la cura per quando abbiamo nostalgia di sentirci figli piccoli.
Comunque per uno strano scherzo del destino ancora avvolto nel mistero – o scherzo dello spedizioniere strozzino ancora avvolto nelle maleparole– l’ultimo pacco è stato consegnato al ristorante italiano di amici miei anziché a casa mia e per portarmelo in bici l’ho dovuto aprire e smontare in comode buste insieme a loro.
Nel tirare fuori ogni cosa – che peraltro i miei amici vendono qui a Barcellona, eccetto le Pannocchie del Mulino Bianco su cui c’è ormai una taglia per chi dovesse trovarle tra i fornitori di cibo italiano all’estero – facevo appunto l’Analisi Logica del tutto, confrontandomi sull’irrazionalità ontologica del pacco di mamma che di solito giudico in privato e in silenzio, accanendomi particolarmente sulla paralogia delle lattine di mais dolce che stavolta mamma ci aveva infilato dentro. È stata una sorta di terapia collettiva insomma, quasi una seduta spiritica.
Quando, a un certo punto, salta fuori un calzino di Mia, vecchio, con Anna di Frozen stampata sopra. Spaiato.
Acquisita la prova definitiva della follia di mamma ci siamo salutate e in versione nonno cinese ciclista, che sulla bici si carica figli, nipoti e pronipoti, mi sono portata a casa il pacco smontato.
“Mamma ma c’era un calzino?”
“Sì, l’altro ce l’hai tu. L’avevi lasciato qui e te l’ho lavato”.
Così, come la cosa più naturale che avrebbe fatto se vivessimo ancora assieme. E con quel calzino in mano che profumava di bucato, mi è sembrato che mamma e la sua lavatrice stessero nella stanza accanto. Così vicine da chiederle quasi quasi un piatto di pastina.
Mum’s package
Usually the opening of mum's packages is a private thing. I get the parcel home, I open it, I find a package of rock cooking salt inside it, then a pack of sugar - which in the currency of the rip-off freight forwarder, brings the shipping cost already at 20 euro -
"Mum but it is not worth sending sugar and salt, I can find them here too".
"Yes, but ours are better".
And then several kilos of baby-pasta, pasta and tomato puree and tons of Passalacqua coffee and Pannocchie cookies.
Underneath, well hidden, there is the chocolate and candy compartment.
As children, my sister and I have never seen Nutella and chocolate at home. I do not think it was for health reasons - considering that everyone was smoking in our faces and we were drinking palm oil for breakfast- but I think it was just a matter of principle.
When I went to live on my own, in Siena, aged 18, I received my first mum's package and with it her first Nutella + condensed milk + giant bars of chocolate + toffee sweeties.
I believe that in the Logical Analysis of the mum's package, chocolate and sweeties mean feeling guilty: "So if you miss me, go on and get diabetes, I promise you that I will come soon". Since she also has her grandchildren, the diabetic material has quadrupled: "It's very difficult to be a long-distance grandmother" she told me a few days ago.
Sugar, salt, dried beans and chickpeas are the "hoity-toity": even on the basic stuff, we are better. It is always worth spending 20 euros to have water with the right amount of ITALIAN salt to throw pasta in.
Coffee is the essential family ritual: if you still want to be part of it, loyalty to Passalacqua first of all.
Pasta and tomato sauce are the supplies: Let me fill your pantry so you can face life. (But what life mum?! This lasts me maybe three days).
The pastina (baby-pasta) is the cure. The cure for everything. Fever, stomach ache, heartache, blues. Now it’s even a cure for the Anglo-Arab who in his life-before-me (or rather before-my-mum) had never seen it and that not by chance calls it "children's food". "I do not feel well, can you make me baby food?".
In short, it's the cure for when we are longing to feel young children again.
However, for a strange twist of fate still shrouded in mystery - or trick of the rip-off freight forwarder still wrapped in my cursing - the parcel was delivered to the my friends Italian restaurant instead of my home and to carry it on the bike I had to open and disassemble it in envelopes together with my friends.
While taking out each thing - that my friends are selling here in Barcelona, except for the Pannocchie cookies on which there is now a bounty for the Italian food supplier that can find them - I was doing the Logical Analysis of everything, discussing the ontological irrationality of my mum's package that I usually judge in private and in silence, particularly raging over the illogicality of the sweet corn cans that this time my mum had put inside. It was a sort of collective therapy, in short, almost a seance.
When, at a certain point, a sock of Mia comes out. An old one, with Frozen’s Anna printed on it. Unpaired.
Acquired the definitive proof of my mother's madness I said goodbye to my friends and like a Chinese grandfather cyclist, who takes children, grandchildren and great-grandchildren on his bike, I took the unmounted package home.
"Mum but was there a sock?"
"Yes, you have the other one. You left it here and I washed it. "
Like this, like the most natural daily gesture she would do if I were living there. And with that sock in my hand that smelled of laundry, it seemed to me that mum and her washing machine were in the room next door. So close I almost asked her for a plate of pastina.
El paquete de mama
El momento de abrir los paquetes que me envía mi madre suele ser un asunto privado.
Me llega a casa, lo abro, encuentro un paquete de sal gruesa, luego uno de azúcar - y ya sólo con este peso, la factura de la paquetería usurera llega a los 20€ -.
“Mamá sabes que el azúcar y la sal no hacen falta enviarlos, aquí también los venden”
“Ya, pero los nuestros son más sabrosos”.
Y luego varios kilos de pastina - la pasta pequeña para la sopa-, pasta y passata de tomate, toneladas de café México Passalacqua y de galletas Pannocchie de Mulino Bianco.
Y por de bajo de todo, está el compartimento de las chocolatinas y de las chuches.
De pequeñas, mi hermana y yo no vimos nunca un bote de Nutella ni chocolatinas por casa. Supongo que no fuera por una cuestión de salud - ya que todos nos fumaban a la cara y el aceite de palma nos lo daban para desayunar- si no por puro principio.
Cuando me fui a vivir fuera, a Siena, con dieciocho años, me llegó el primer paquete de parte de mamá y su primera Nutella+leche condensada + barritas de chocolate gigantes+ caramelos mou .
Creo que en el Análisis Lógica del contenido de los paquetes de mi madre, el chocolate y los caramelos representan el sentido de culpabilidad: “Si me echas de menos, come hasta que te enfermes de diabetes, y te prometo que voy a verte pronto”. Desde que tiene nietas los productos diabéticos se han cuadriplicado. “Es muy complicado ser abuela en la distancia” me ha dicho hace unos días.
Mientras que el azúcar, la sal, los garbanzos secos representan la altivez: también en lo básico, somos mejores. Siempre merece gastarse 20€ para un agua salada al punto ideal para echar la pasta.
El café es el imprescindible ritual de la familia: si aún quieres ser parte de ella, fidelidad al Passalacqua y punto.
Pasta y passata de tomate son las provisiones: te lleno la despensa para enfrentarte a la vida ( Pero que vida mami, que me duran apenas un par de días)
La pastina representa los cuidados. Para todos los males. Fiebre, dolor de barriga, dolor de corazón, angustias. Ahora mismo es capaz de curar incluso el anglo-arabe que en su vida antes-de-conocerme ( o mejor dicho antes-de-mi-madre) ni siquiera la había nunca visto y que por eso la llama “comida para niños. “No me encuentro bien, me preparas un poco de baby food?” En fin, es la medicina para cuando sentimos nostalgia de sentirnos hijos pequeños.
Por una extraña broma del destino que aún sigo sin desvelar - o broma del transportista usurero que aún sigo insultando-, el ultimo paquete ha sido entregado en el restaurante italiano de mis amigos y no en mi casa y para poder llevarlo encima de la bici, he tenido que abrirlo y embolsarlo con ellos.
Mientras sacaba toda la comida de la caja - que por cierto, mis amigos venden aquí en Barcelona excepto las galletas Pannocchie sobre las cuales ya hay recompensa para quién encuentres un proveedor de comidas italianas que las venda en el extranjero- pensaba en el Análisis lógico del hecho en su totalidad, confrontándome con la irracionalidad ontologica del paquete que suelo juzgar privadamente y en silencio, especialmente contra lo absurdo de las latas de mais dulce que en esta ocasión mi madre había enviado. Ha sido una especie de terapia colectiva, diría casi una sesión de espiritismo.
Y de repente, aparece un calcetín de Mia, viejo, con la imagen de Anna de Frozen. Desparejado.
Comprobada la prueba definitiva de la locura de mi madre, nos hemos despedidos y en versión abuelo chino ciclista, que carga en su bici hijos, nietos y bisnietos, me he llevado a casa todo el paquete desmantelado.
“Mamma, sabes algo de un calcetín?”
“Si, el otro lo tienes tu. Te lo dejaste aquí y lo he lavado”.
Y con aquel calcetín en la mano que olía a jabón de colada, me ha parecido que mi madre y su lavadora estuvieran en la casa de a lado. Tan cercas que por poco le pido un plato de pastina.