Te lo ricordavi il lockdown? No.
Ve lo ricordate quando il nostro sogno era di essere asintomatici? Quando la sensazione che tutto poteva succedere – tutto il peggio ovviamente – ti faceva sperare nel meno peggio e ti faceva parlare come si parlerebbe in tempi di guerra e apocalisse, dove non c’è futuro ma solo presente?
Ora ricordo le telefonate durante il primo lockdown con la mia solita amica con cui parliamo principalmente di malattie e medicine da tempi non sospetti:
- “Hai letto il messaggio del comune di Barcellona che chiede alle famiglie disponibilità ad accogliere bambini rimasti soli perché entrambi i genitori sono in ospedale col Covid?”
- “Promettimi che, nel caso, le mie figlie te le accolli tu” pronunciavo con tono solenne e cuore in pezzi davanti al peggio incombente.
Io non me lo ricordavo, sono una dimenticatrice selettiva, è sempre stata la mia salvezza lasciar affievolire i ricordi persecutori e tenermi stretti quelli belli.
Due settimane fa ennesima quarantena per un caso positivo in classe di Mia. Non la prima, certo, ma era un po’ che non ci chiudevano in casa tutti e 4 + cane, e quindi giù di nuovo a fare lavoretti di merda, a cercare la colla che puntualmente non abbiamo, a montare l’albero di Natale con oltre un mese di anticipo, bestemmiando in aramaico cercando di sbrogliare le lucine per scoprire, alla fine, che manco si accendono.
E comunque… avete presente quando i tamponi sono sempre negativi finché non lo sono più?
Insomma Mia ha preso il Covid, asintomatico, quel famoso meno peggio di cui sopra. Le mie preoccupazioni quotidiane sono passate da: “ma cosa sarà mai successo ai proprietari delle bici abbandonate in strada?” e “com’è possibile che nessuno riconosca Marinette quando si trasforma in Lady Bug?” a “Moriremo tutti prima del Black Friday?”
La prima settimana è quella in cui si sorteggia il genitore vaccinato da sacrificare: Genitore 1 dorme con figlia positiva, Genitore 2 con l‘altra.
Bacio solenne della buonanotte tra Genitore 1 e 2 sull’uscio della porta della stanza da letto della positiva, pensando - seriamente - che potrebbe essere l’ultimo.
Nella seconda settimana riesumi la disposizione delle notti in roulotte al campeggio La Pineta di Palinuro negli anni 80, una figlia a testa e l’altra a piedi del letto e con un calcolo veloce delle loro altezze ti convinci che sia scientificamente la giusta distanza e che puoi tornare nel tuo letto.
Nella prima settimana attenersi alle regole è fondamentale, dà un senso di normalità, lavarsi i denti ognuno in una stanza – che sennò schizza -, vestirsi possibilmente di paillette per mostrare al mondo – ma soprattutto alla nonna italiana con la colite nervosa – che stiamo alla grande e lo spirito è altissimo, pettinarsi i capelli.
La seconda settimana sui loro pigiami c’è ormai stampato il menu della settimana precedente, i capelli sono rasta, quelli delle figlie ma pure i tuoi, e quando sono lì dietro a te che lavori, a chiederti se te li possono tagliare perché non riescono a pettinarteli, gli dici sì sì ma certo! E non perché tu sia troppo concentrata su qualcos’altro e non presti più attenzione alle loro domande continue, ma perché ti sei arresa a tutto e genuinamente credi che prestarti come parrucca da apprendista sia il minimo sacrificio che tu possa fare per bilanciare l’assoluta mancanza di creatività, pedagogia, polso e colla.
La prima settimana è quella delle cuffiette quando fa le lezioni su zoom con la classe, per non far sentire le urla della sorella piccola che tortura il cane; è quella del background Hawaii per non far vedere i vuoti delle bottiglie di birra e vino in cucina.
La seconda settimana è quella che anche tu fai colazione davanti allo schermo, alla sua maestra e ai suoi compagni di classe, che sono letteralmente diventati di casa.
Ma soprattutto è quella in cui l’idea di affidare le tue figlie all’amica di cui sopra non ti sembra più così drammatica, anzi.
Me lo ricorderò questo mini lockdown?
Non credo che dimenticherò quanto abbiamo riso, ma neanche quanto abbiamo pianto quando Mia ci voleva abbracciare e non potevamo.
Certamente non dimenticherò tutte le persone che ci hanno chiesto Come va?, Vi cucino quaccheccosa?
No, no, grazie, basta la colla.
Did you remember the lockdown? No.
Do you remember when our dream was to be asymptomatic? When the feeling that anything could happen - all the worst of course - made you hope for the least worst and made you speak as you would speak in times of war and apocalypse, where there is no future but only present?
Now I remember my phone calls during the first lockdown with my usual friend with whom we mainly talk about diseases and medicines:
- "Did you read the message from the municipality of Barcelona looking for families willing to welcome children left alone at home because both parents are in hospital with Covid? "
- “Promise me that you will take care of my daughters” I pronounced with a solemn tone and an aching heart in front of the imminent worst scenario.
I did not remember it, I am selectively forgetful, it has always been my strength to let the hunting memories fade and keep the beautiful ones with me.
Over two weeks ago yet another quarantine for a positive case in Mia's class. Not the first, of course, but it's been a while since the 4 of us + dogs were locked in the house, and so down again to do shitty handiworks, to look for the glue that we never have, to put up the Christmas tree over a month in advance, cursing in Aramaic trying to untangle the lights to discover, in the end, that they don't even light up.
Anyway ... you know when PCRs are always negative until they are no longer negative?
In short, Mia got Covid, asymptomatic, that famous least worst. My daily worries went from being “I wonder what happened to the owners of all the bikes abandoned in the street” and “How come nobody recognises Marinette when she turns into Lady Bug?” to “Will we all die before Black Friday?”
The first week is the one in which the vaccinated parent to be sacrificed is raffled off: Parent 1 sleeps with the positive daughter, parent 2 with the other.
Solemn kiss between Parents 1 and 2 on the door of the bedroom of the positive kid, thinking - seriously - that it could be The Last Kiss.
In the second week, you resume the arrangement of the nights in a caravan at the campsite La Pineta of Palinuro in the 80s, one daughter at the head of the bed, the other at the foot, and with a quick calculation of their heights, you are convinced that it is scientifically the right distance and that you, parents, can go back to your bed.
In the first week, adhering to the rules is fundamental, it gives a sense of normality, brushing your teeth each of us in a room - coz otherwise it splashes -, put clothes on - possibly wearing sequins to show the world - but above all reassure the Italian grandmother with nervous colitis - that we are great and the spirit is very high, comb your hair.
In the second week pyjamas covered in food will do. The hair is dreadlocks, your daughters’ but also yours, and when they are behind you, while you are working, and ask you if they can cut your hair because they cannot comb it, you say Yes yes sure!. And not because you are too focused on something else and no longer paying attention to their constant questions, but because you have given up on everything and genuinely believe that lending yourself as an apprentice wig is the least sacrifice you can make to balance the absolute. lack of creativity, pedagogy, pulse, and glue.
The first week is when you ask your daughter to wear headphones when she is on a zoom lesson with her class, so nobody hears the screams of her little sister torturing the dog; it is the week of the Hawaii background so as not to show the empty beer and wine bottles in the kitchen.
The second week is the one that you too have breakfast in front of the screen, with her teacher and her classmates, who have literally become part of your household.
But above all, it is the week when the idea of leaving your daughters with the above-mentioned friend doesn’t feel so dramatic anymore, not at all.
Will I remember this mini lockdown?
I don't think I'll forget how much we laughed, but neither how much we cried when Mia wanted to hug us and we couldn't.
I will definitely not forget all the people who have asked us How are you?, Can I cook something nice for you?
- No, no, thanks, just some glue.