Nei tuoi panni
Venerdì sera le bimbe sono andate a dormire da un’amica fuori Barcellona.
Io e il padre un secondo dopo averle salutate:
Allora che ti va di mangiare? Usciamo? Pizza take away e ci guardiamo qualcosa di nuovo? Birretta? Vinello? Apro i Fonzies? Ohhh e finalmente stanotte si dorme!
E invece il solito dio delle città e della siccità ci ha mandato nell’ordine: diluvio universale, mal di testa, nausea, notte insonne.
Sabato sera siamo andati a riprenderle. Erano state brave. “Sono così educate le tue bambine”. Prima di uscire di casa metto il vestito blu di mamma, anni 20, ricamato a mano, bellissimo. Non lo metteva da mezzo secolo forse ma lo conservava preziosamente. Usciamo.
Da casa alla metro piove. Ripenso all’insonnia mentre il vestito si bagna.
“Cazzo potevo approfittare finché non c’erano le bimbe e fare un pisolino”. “Fortuna che sono brave, amori di mamma”.
“Mi sono mancate, dove le porto a mangiare stasera?”
Quando arriviamo Zi rimane in macchina con il cazzodicane e io entro a recuperare le brave bambine. Viola in versione The Ring con frangetta fino al mento era attaccata alla nonna della sua amica e la chiamava abuela, aveva raccolto il solito sacchetto di munnezza assortita fatta di legnetti, lumache, molle metalliche e aveva preparato 8 palloncini da portarsi via. “Si sono comportate benissimo, sono due amori” mi dice l’abuela. Dico a Viola che non c’è spazio in auto per 8 palloncini e si trasforma definitivamente in Samara Morgan.
Mia in versione Alice nel Paese delle Meraviglie con capelli crespi sotto effetto di funghi allucinogeni vaga su e giù per tre piani di casa cercando le sue cose da rimettere in valigia. 55 minuti dopo siamo ancora lì, Viola posseduta, Mia che ancora non trova lo spazzolino. Intanto la madre dell’amica, l’abuela e un’altra madre di non so bene chi, mi guardano con lo sguardo della pietà mentre cerco Viola per tre piani di casa perché si è nascosta.
“Mia, ma cosa stracazzo stai facendo ammamma?” “Find your sister NOW” le intimo con la voce strozzata in gola delle minacce di morte, alternando italiano e inglese nella speranza che questo confonda il pubblico giudicante e non faccia percepire la tragedia greca imminente.
Sorrido a madri e abuela, mentre immagino me stessa uscire finalmente dalla porta trionfante, facendo un doppio strascino nel mio vestito blu ricamato, con i capelli di Mia in una mano e di Viola nell’altra. “Adiooooos y gracias por todo!”.
Finalmente dopo oltre un’ora siamo in macchina, con gli 8 fottuti palloncini.
“Ma quali cazzo di brave bambineeeee? Ma con chiiiiii? Siete delle scostumate ingrateeeeeeeee!” inizio il mio assolo contro le mie figlie mute mentre mio marito guida senza avere idea di cosa cazzo parlo, visto che nell’ultima ora è stato chiuso in macchina a mandarmi reels su come educare i cani su Instagram.
Piango. “Stai attenta a non essere troppo dura con Mia”. Risento la voce di mamma quando faceva la nonna.
Piango più forte: “Perché cazzo mi dovete riservare sempre il peggio di voi?!”. Risento la voce di mamma quando faceva la mamma, quando la facevamo incazzare come un’ape, quando non ci nascondeva le lacrime né la rabbia. Non ci nascondeva il dolore e la stanchezza. Quando si alzava da tavola e andava a finire di mangiare in salone perché non ci sopportava più. Mi asciugo le lacrime mentre sento che di lei, alla fine, non porto addosso solo un vestito blu ricamato coi corallini.
“Scusa mamma”. “Scusa”. “Ci perdoni?” mi ripetono le bambine dal sedile posteriore. Risento la mia voce da piccola e ricordo quanto fosse importante per me avere quel perdono, quanto fossero sinceramente disperate quelle scuse.
Ricordo quanto fosse bello fare pace.
“Certo ammamma, siete due stronze ma vi perdono”.