Scusate future mamme, dobbiamo dirvi che farà male
C’è una sola cosa peggiore delle donne che terrorizzano le primipare raccontando la loro terribile esperienza di parto: le primipare che, una volta partorito, faranno esattamente la stessa cosa con le disgraziate che seguono.
E’ successo anche a me, che da incinta ho odiato tutte le madri che mi raccontavano spontaneamente i loro parti horror. Ho raccontato il mio parto ad una sconosciuta che – che io sappia – non era incinta, ma si preparava a scrivere un libro, Partorirai con dolore, uscito la scorsa settimana. Rossana Campisi ha raccolto storie di donne che hanno partorito in Italia e all’estero, ha messo insieme dati statistici e gli ha dato volti e nomi, ma soprattutto emozioni. Per poter parlare del parto senza tabu, senza pipponi di retorica e sentimentalismi. Perché ci deve essere una verità oltre ai soliti “è un’esperienza incredibile, totale, mistica”, o “pensavo di morire” o “il dolore si dimentica” (ho sentito anche una madre sostenere di avere avuto un orgasmo da doglie, ma deve essere un’inguaribile ottimista). La verità, per me, è che il parto è imprevedibile, perciò ci si arriva sempre impreparati, e per questo è sempre sorprendente. Tra queste donne sorprese dal parto di cui racconta il libro ci sono anche io, a Londra, partita con un programma un po’ hippie di parto in acqua e finita con un cesareo di emergenza imbottita di droghe; ma c’è anche la mia amica-sorella Rosanna che ha partorito su una delle più piccole isole delle Canarie naturalmente, senza neanche l’epidurale. Per ben due volte (ha sempre avuto più culo di me).
Dopo una gravidanza perfetta in cui non sono mai stata visitata da un ginecologo, assistita dal protocollo non-interventista dell’NHS (il sistema sanitario inglese) e rassicurata da tutti che avrei sparato fuori la pupa a razzo “perché il tuo corpo sa cosa fare”, sono stata in travaglio per QUATTRO giorni. I primi tre ingurgitando paracetamolo e codeina, unico antidolorifico prescritto dall'NHS. Quando sono riuscita a conquistare finalmente un letto d’ospedale – dopo aver dimostrato di essere a 3-4 centimetri di dilatazione – ho provato la piscina, ma alla fine mi è toccata la morfina, il gas&air e l’epidurale, concludendo comunque con un cesareo di emergenza in anestesia totale. Per nove mesi mi ero immaginata tutta un’altra storia. Io nella piscinetta dell’ospedale con All this and heaven too a tutto volume, mano nella mano al mio compagno, due spinte e tac, ho tra le braccia la mia bimba, io piango, lui piange, bacio. Invece il mio corpo, evidentemente, non sapeva cosa fare. E in sala operatoria non c’ero né io né il papà ad aspettare Mia. Non c’era musica né acqua a rendere il passaggio più dolce. Per fortuna, però, c’erano le persone giuste a prendersi cura di lei. Questo ho raccontato a Rossana. E che non credo che un cesareo mi renda meno madre della mia amica Rosanna che ha avuto un parto naturale. Né credo che chi fa l’epidurale sia meno madre di chi sceglie di soffrire fino alla fine. Tanto fa male lo stesso, se vogliamo davvero misurare la maternità col dolore. Invece io a quel dolore preferisco dare il significato che mi hanno insegnato a un corso pre parto: “pain is gain”, il dolore è una conquista. Perché più dolore senti, più sei vicino al momento in cui conoscerai tuo figlio. E’ per questo, forse, che tante madri vogliono raccontare quel dolore anche a chi non lo vuole sentire. Per condividere una delle esperienze più potenti della loro vita, che le ha ribaltate e fatto perdere il controllo del loro corpo, ma che ha soprattutto messo fine all’attesa di un grande amore. E allora non giudicatele male, sopportatele. Anche perché presto potreste essere voi a terrorizzare altre future madri._TIW
Why we need to tell future mums that it (bloody) hurts
There is only one thing worse than mothers that terrorise future mums by telling them their horror stories on giving birth; future mums that will do exactly the same as soon as they give birth, terrorising the next round of mums.
It happened to me too. When pregnant, I hated all the women that told me their scary stories without being asked. Then I told my story to a stranger that wasn’t pregnant as far as I know, but that was about to write a book, With pain you will give birth. Rossana Campisi has collected data and associated emotions, faces and names of real women to them. She wanted to talk about motherhood and birth without the usual taboos, without being rhetorical and sentimental. Because there must be a truth beyond the “oh it was an incredible experience, utter, mystical” or “I though I was gonna die!” or “pain? What pain, you forget the pain” (I’ve even heard a woman saying that she had an orgasm while in labor, but she must be an incurable optimistic). The truth, I believe, is that giving birth is unpredictable, that’s why you cannot be prepared, and that is why it is so astonishing.
Among these women astonished by giving birth there is me, in London, with my hippie plan of water birth that ended up with an emergency c-section and me stuffed full of drugs; but there is also my friend-sister Rosanna that has given birth naturally on one of the smallest islands of the Canaries, without an epidural. Twice (she’s always been luckier than me).
After a perfect pregnancy without needing gynaecologist a single time, assisted by the non-interventionist NHS protocol and reassured by everyone that I would have pushed the baby out with a few pushes "because your body knows what to do", I was in labor for FOUR days. The first three swallowing paracetamol and codeine, the only painkiller prescribed by the NHS. When I finally managed to win a hospital bed - after proving to be 3-4 centimeters dilated - I stayed in the pool, but in the end I had to take morphine, gas & air and an epidural, and nothing stopped me from having an emergency caesarean under general anaesthetic. For nine months I had imagined a complete different story. I had imagined myself in a pool with All this and heaven too playing loud in the background, hand in hand with my partner, two pushes and tac! I have my baby in my arms, I cry, he cries, we kiss. But my body, obviously, did not know what to do. And neither her dad or I were in the operating room waiting for Mia when she came out. There was no music and no water to make the transition smoother. Fortunately, though, there were the right people to take care of her. This is what I told Rossella. And that I don’t believe a cesarean has made me less of a mother than my friend Rosanna that had a natural birth. Nor do I believe that anyone who gets an epidural is less of a mother than those who chooses to suffer until the end. It hurts anyway, if we really want to measure maternity with pain. Instead I prefer to give that pain the meaning that I was taught in an antenatal class: “pain is gain”. Because the more pain you feel, the closer you are to the time when you will meet your child. That’s why, maybe, mothers want to tell their pain stories to those who don’t want to hear them. To share one of the most powerful experiences of their lives, that has turned them upside down and made them lose control of their bodies, but that has also ended the waiting for a great love. So please don’t judge them, forgive them. Because soon it might be your turn to terrorise other mothers._TIW