A volte ritornano
Più che cervello in fuga io sono sempre stata un cuore in fuga. La patria da cui sono “fuggita” per amore non mi ha mai negato il lavoro, e io alla patria non ho sottratto nessun talento. Stiamo pari insomma.
Eppure- che tu sia cervello o cuore in fuga o chef in trasferta o auto-esiliato per risultati elettorali, che tu viva a Londra in una casa da 2 milioni di sterline o a Barcellona in riva la mare- in qualità di emigrato contemporaneo ti struggi sempre un poco.
Tifi più forte per la nazionale perché di solito guardi le partite insieme ai tuoi avversari e t’anna sent’.
Piangi più forte se la partita è persa perché con lei perdi anche la prossima occasione di cantare Toto Cutugno senza essere giudicato.
Difendi l’Italia con più forza perché “io lo posso dire che col cazzo che torno a vivere in quel paese di merda, ma non voi che non c’avete il bidet e che c’avete dei cipollotti arrostiti come piatto tipico”.
Hai i figli che sognano di vivere in Italia, ma perché non ci hanno mai vissuto.
Stracci le palle se non riesci a trovare le Pannocchie del Mulino Bianco all’estero e poi ti accontenti dei Galletti.
Ma alla fine, ci torneresti mai in Italia se ti fosse data una grande occasione?
Un mesetto fa, mentre ero dalla parrucchiera il giorno del mio matrimonio, mi hanno chiamato per offrirmi un contratto di lavoro in Italia. Più o meno il lavoro che ho sempre sognato, uno di quei “treni che passano una sola volta” e giustamente passano in un momento del cazzo.
-”Ma oggi mi sposo, e poi ho una situazione particolare, ho un fidanzato anglo-arabo che sta ancora imparando l’avellinese, due figlie già apolidi e un po’ sradicate che non hanno ancora deciso che lingua parlare tra di loro, ho una piscina stile Gomorra sul tetto a cui sono molto affezionata, sotto casa c’è il mare e anche tutt’attorno, l’asilo è nel parco, la scuola sulla spiaggia, stiamo sempre scalzi…possiamo riparlarne la sett...”
-“Non si preoccupi dottoressa, abbiamo avuto altri casi come il suo, ci vediamo alla firma si goda la festa eh”.
E se torno che divento, un’ex-expat? Le due “ex” si annullano a vicenda e riparto da zero come se nulla fosse stato?
E se un expat torna vuol dire che ce l’ha fatta o che non ce l’ha fatta?
E quel negro di mio marito me lo porto o, viste le ultime notizie dalla Madre Patria, finisce che ogni giorno me lo fermano a un posto di blocco come sospetto membro di una cellula terroristica e mi arrestano per favoreggiamento dell’immigrazione?
Dopo la festa ho messo insieme un piccolo bagaglio, ho mollato le due figlie dai nonni e sono andata a Cagliari a vedere questo treno perché se lo meritava, sperando che, una volta lì, qualcuno o qualcosa mi aiutasse a salirci o a lasciarlo passare senza rincorrerlo per sempre.
L’11 ottobre ho firmato un contratto con la Rai.
E il dio delle città e delle calamità che mi voleva aiutare proprio assai a afferrare il suo messaggio, ha fatto sì che insieme a me a Cagliari arrivasse una tempesta di fulmini e acqua come non c’era stata da oltre un decennio. Appena salita sul taxi dall’aeroporto ho incontrato nell’ordine: un carro funebre, un incidente frontale appena consumatosi, i posti di blocco per il crollo di un ponte.
Ma il messaggio inequivocabile è stato al momento della firma del contratto:
“Signora qual è il codice fiscale di suo marito?”
“Non ce l’ha, è inglese”.
**E nel silenzio attonito s’ode un-rombo-di-tuono-che-tremendo-frastuono**.
Seguono momenti di assoluta apocalisse burocratica (aò l’avevo detto io che il mio era un caso particolare).
Ovviamente avremmo trovato una soluzione al codice fiscale dell’anglo-arabo e il diluvio universale sarebbe passato. Avevamo anche già ipotizzato nuovi strabilianti organigrammi familiari tra cui il più ragionevole prevedeva una ragazza alla pari (rigorosamente cessa) che potesse vivere al posto mio con la mia famiglia per circa 23 giorni al mese. Che ragazza fortunata.
Ma due giorni fa ho inviato la mia lettera di dimissioni alla Rai (e di scuse alla signora delle Risorse Umane che mi ha preparato 392 fogli da firmare e messo in piedi un’unità di crisi apposta per risolvere il codice fiscale di quell’extracomunitario che “ma manco una carta d’identità ha?!?”).
Perché quella ragazza fortunata voglio continuare ad essere io.
Perché anche i sogni più grandi non sono mica destinati a restare sempre gli stessi se ci consentiamo di scoprirne di altri.
E comunque se una porta si chiude la si può sempre riaprire, aò “le porte funzionano così” (cit.)
Sometimes they come back
I've always been a fleeing heart more than a brain drain. The country from which I "fled" for love has never denied me a job, and I have not taken away any talent from my country. We’ll call it even, in short.
And yet - whether you are a brain drain or a heart on the run or a chef on-the-road or a self-exiled because of election results, whether you are living in London in a £ 2 million house or in Barcelona on the seashore - as a modern emigrant you always pine a little.
You cheer louder for the national team because you usually watch the games together with your opponents and you them to hear you!
You cry louder if the game is lost because with it you lose also the next rare opportunity to sing Toto Cutugno’s “I’m a real Italian” song.
You defend Italy with more determination because "I can say that I will never go back to that fucked up country, but not you people that don’t have a bidet and have roasted onions as a main traditional dish".
Your children dream of living in Italy, but because they have never lived there.
You break people’s balls if you can not find abroad the Pannocchie biscuits by Mulino Bianco and you have to settle for Galletti.
But then would you ever return to Italy if you were given a big chance there?
A month ago, while I was at the hairdresser on my wedding day, they called me to offer me a job in Italy. More or less the work I have always dreamed of, one of those "trains that pass only once" and rightly pass at a fucking wrong time.
- “But today I get married, and also I have a special situation, I have an Anglo-Arab boyfriend who is still learning to speak avellinese, two daughters already stateless and a bit uprooted that have not yet decided what language to talk to each other, I have a pool in Gomorrah-style on the roof to which I am very fond of, downstairs my house there is the sea and even all around, the nursery is in the park, the school on the beach, we are always barefoot ... can we talk about this next w... "
-" Do not worry Miss., we had other cases like yours, see you there to sign, enjoy the party ok? ".
So what do I become if I go back, an ex-expat? The two "ex" annihilate each other and I start from scratch as if nothing had happened?
And if an expat returns home it means that he did make it or did not make it?
And what about my black husband? Shall I take him with me or, given the latest news from Motherland, he’s gonna end up stopped every day at a checkpoint as a suspect member of a terrorist cell and I will get arrested for aiding immigration?
After the party I put together a little baggage, left my two daughters with the grandparents and went to Cagliari to see this train because it was worth it, hoping that, once there, someone or something would help me climb on it or let it pass without chasing it forever.
On October 11th I signed a contract with Rai.
And the god of calamity who really wanted to help me sending me his signs, made sure that along with me in Cagliari arrived a storm of lightning and water as there hadn’t been for over a decade. As soon as I got on the taxi from the airport I run into: a hearse, a frontal accident, the checkpoints for the collapse of a bridge.
But the unequivocal sign was at the time of signing the contract:
"Madam, what is your husband's Italian fiscal code?"
"He does not have it, he is English".
** And in the astonished silence hear a roar-of-thunder**
Moments of absolute bureaucratic apocalypse followed (I told you that mine was a special case).
Obviously we would have found a solution for the Anglo-Arab fiscal code and the universal flood would have passed. We had also already hypothesized new amazing family organigrams, among which the most reasonable was an au pair (strictly very ugly) who could live in my place with my family for about 23 days a month. What a lucky girl.
But two days ago I sent my letter of resignation to the RAI (and an apology to the Human Resources lady who prepared me 392 sheets to sign and set up a crisis unit to fix the bloody fiscal code.
Because I wanted that lucky girl to still be me.
Because even the greatest dreams are not meant to always remain the same if we allow ourselves to discover new ones.
And, finally, if a door closes you can always reopen it, well "that’s how doors work".