Storia di noi d̶u̶e̶ tre
-Dove andiamo stasera?
-Boh, non importa dove.
-Sei sicura? Non vuoi andare in un posto speciale?
Domenica sera, in effetti, sono andata in un posto speciale. Un posto dove non c’era mia figlia.
Io e l’anglo-arabo ci eravamo dati un appuntamento qualche giorno prima, uno vero, da soli, romantico. Il primo in 2 anni e 8 mesi.
Le uniche tre volte in cui avevamo lasciato Mia a casa per uscire insieme erano state:
-quando aveva 3 giorni e siamo andati a mangiare una pizza al ristorante sotto casa e i miei genitori mi hanno chiamato ogni 10 minuti: “forse ha fame, ah no forse no”- “sì, mi sa che ha fame, ma tu fai con calma eh”- “ma il ciuccio non lo prende?”. Ok torno.
-quando aveva tre mesi, al mare, e per un’ora ci siamo concessi una specie di sagra della porchetta nel villaggio accanto a casa nostra mentre lei dormiva. Poi hanno messo ‘O ball d’o Cavallo di Gigione e quindi niente. Siamo rientrati.
- quando aveva un anno e mezzo e avevamo un matrimonio lunghissimo in cui i bambini non erano tollerati e sono tornata a casa con una tetta bionica, tempestata di pietre di latte non munto.
Hashtag della serata di domenica #ricominciamo. Questa volta, insomma, era diverso. Era necessario.
Io mi sentivo sull’orlo del divorzio, senza essere sposata.
Lui non vedeva l’ora di rivedermi su dei tacchi alti.
Io a cercare un vestito che mi entrasse nonostante la mia nuova panza.
Lui a chiedermi di trovargli qualcosa di decente da mettere. “Hai visto le mie scarpe?”. “E la sciarpa?”
Insomma, mentre quelli del Family Day portavano in piazza qualche prete per salvare la famiglia ”normale”, io portavo al ristorante giappo-brasiliano il mio fidanzato per salvare la mia famiglia anormale.
Domenica sera non abbiamo dovuto spostare tutti i bicchieri, posacenere e coltelli sul tavolo accanto.
Né dovuto fare le posizioni del Cirque du Soleil nel cesso per far pisciare Mia senza toccare la tazza.
Abbiamo ordinato quello che ci andava perché nessun duenne lo avrebbe assaggiato con le sue luride manine. Piccante. Salato. Fritto. Ustionante.
Non abbiamo dovuto mangiare a turno, mentre l’altro era costretto a fare cucù settete sotto ai tavoli di sconosciuti.
Non abbiamo dovuto trovare un tavolo con abbastanza spazio per parcheggiare il passeggino, il monopattino e il triciclo.
Né abbiamo dovuto necessariamente fare amicizia con quelli del tavolo affianco solo perché Mia gli si era piazzata davanti fissandoli senza fiatare per 20 minuti.
Domenica sera eravamo di nuovo noi due. Seduti uno accanto all’altro per stare più vicini, lui a farmi provare filetto di carne su fette di banana fritta (ci vuole pazienza con gli inglesi), io a scegliere un dessert che fosse in regola con le mie ossessioni per i colori dei dolci (ma anche con alcune italiane ce ne vuole). Lui a chiedermi come cazzo faccia a farmi arrivare sempre il rossetto sul naso, io a dirgli “che ne so, e comunque me lo hai regalato tu ‘sto rossetto”. Non era cambiato niente, in quella serata speciale in un posto normale. Noi non ci eravamo persi, ma ci eravamo persi un sacco di risate, di baci lenti, di dessert bianchi e di frutta buttata a caso in piatti salati.
Quando, alle 22e40, la babysitter ci ha mandato il messaggio “Tutto ok, dorme” ci siamo ricordati di avere la figlia più bella e dolce del mondo che ci aspettava a casa. (Poi la babysitter ci ha detto che, in realtà, Mia prima di addormentarsi l’ha minacciata di morte perché non voleva farle vedere un altro episodio di Peppa Pig).
E ci siamo ricordati che per essere felici in tre bisogna prima essere felici in due.
-Dobbiamo farlo ogni settimana.
-Ma basta anche ogni due.
-No no. Dove vuoi andare sabato? Conosco un posto speciale.
Dovrò comprarmi dei tacchi più comodi. E trovare un'altra babysitter._TIW
A story of t̶w̶o̶ three
Him: Where do you want to go tonight?
Me: Don't know, doesn't matter where.
Him: Are you sure? Don't want to go anywhere special?
Sunday night, actually, I went somewhere special. Somewhere without my daughter.
Me and the English-Arab had a date night. A real one, just the two of us, a proper romantic date. The first in the last 2 years and 8 months.
The only times we left Mia at home to go out together were when:
-she was 3 days old and we went to the restaurant downstairs for a pizza and my parents phoned every 10 minutes: “maybe she's hungry, or maybe not”- “yeah I think she is, but take your time”- “but...does she take the dummy?”. Ok I'm on my way.
-she was 3 months, on holiday, and for an hour we went to a sort of "porchetta Fest" in the holiday village next to our house. But then they played ‘O ball d’o Cavallo by Gigione and that was it. We left.
- She was 18 months and we had a very long wedding were kids were not allowed, and I got home with a bionic boob, as hard as a rock, full of not-milked milk.
Hashtag of our Sunday night: #LetsStartOver. This time, I mean, it was different. It was necessary.
I was feeling on the edge of divorce, without being married.
He couldn't wait to see me in high heels again.
I was looking for a dress that would fit me with my new bump.
He was asking me to find something decent to wear. “Have you seen my shoes?”. “And my scarf?”
So, on the day that, in Rome, the homophobes of the "Family Day" were taking some priests to their protest to save the "normal" family, I was taking my boyfriend to the Japanese-Brazilian restaurant to save my abnormal family.
On Sunday night we didn't have to move all of the glasses and hash trails and knives onto another table.
We didn't have to perform any impossible acrobatic positions from Cirque du Soleil in the bathroom so that Mia could not touch the toilet while doing peepee.
We ordered what we really wanted, because no toddler was going to taste it with her dirty hands. Spicy. Salty. Deep fried. Boiling hot.
We ate at the same time and didn't need to do the usual "shift-eating", while one of us was forced to play peekaboo under some strangers tables.
We didn't have to find a table with enough parking space for a pushchair, scooter and tricycle.
We didn't have to become friends with the people at the next table just because Mia was standing next to them staring at them for 20 minutes.
Sunday night it was just the two of us again. Sitting next to each other to be closer, him making try beef served on deep fried banana slices (you know, English people), me choosing a desert that would fit in my colour-obsessions about deserts. He asking me how the hell I always managed to get my lipstick on my nose, me telling him "I don't know and this bloody lipstick was a present from you anyway". Nothing had changed, on that special night in a normal place. We had not lost each other in the last couple of years, but, on our journey, we missed chances to laugh and kiss slowly and eat white deserts and meet on deep fried bananas.
When, at 10.40 pm, the babysitter texted us “All good, she's asleep” we remembered that we had the most beautiful and sweet daughter waiting for us at home. (Later the babysitter told us that, actually, before going to sleep Mia threaten her to death because she didn't let her watch another episode of Peppa Pig).
And we remembered that to be happy in a family of three, you first need to be happy in a family of two.
-We need to do it every week.
-But even every other week.
-No no. Where do you want to go on Saturday? I know somewhere special.
I will have to buy some more comfortable heels. And find another babysitter._TIW